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Le donne nella scienza: per combattere le disparità di genere e riconoscere i giusti meriti.

Matilda Joslyn Gage

Donne scienziate, matematiche, medici, astronome, nel corso dei secoli hanno rivoluzionato il nostro mondo ma ci sono realtà con cui devono continuare a fare i conti, un esempio è l’Effetto Matilda.

Nel settore della STEM, acronimo di Science, Technology, Engineering and Mathematics, il ruolo della donna ha raggiunto un alto livello di discriminazione, e si manifesta in atteggiamenti disparati. Uno di questi è proprio l’Effetto Matilda, il quale consiste nell’attribuire meriti scientifici piuttosto che alle scienziate interessate, a loro colleghi maschi. Dunque, una vera e propria condanna all’ostracismo per motivi legati esclusivamente a questioni di genere. La scienziata Margaret W. Rossiter coniò il termine nel 1993 ispirandosi alla suffragetta Matilda Joslyn Gage, scrittrice ed attivista del XIX secolo, che si è battuta fermamente per i diritti delle donne. In realtà, la pratica discriminatoria ha origini molto lontane, e la testimonianza più antica risale al XII secolo, quando le opere di Trotula de Ruggiero vennero attribuite ad altri uomini.

Due casi particolarmente gravi e da menzionare riguardano Rosalind Franklin e Lise Meitner, protagoniste di scoperte scientifiche assolutamente innovative. Le fotografie di Rosalind ai raggi X del DNA sono state descritte come “le più belle fotografie ai raggi X che siano mai state fatte” solamente nel 2002 da Katrin Rittinger e Annalisa Pastore, e costituiscono la prima prova della struttura del DNA, mentre Lise scoprì le basi teoriche della fissione nucleare. Ma la loro bravura venne ingiustamente trascurata, soprattutto se si pensa alla mancata attribuzione del premio Nobel, un riconoscimento negato alle donne di scienza molto spesso nel corso della storia. Un dato
a testimonianza di ciò è che dal 1901, anno in cui fu istituito, sono stati conferiti 583 Premi Nobel in discipline scientifiche, e solo 18 hanno ricompensato una donna. A tal proposito, il premio per la scoperta della struttura del DNA venne attribuito a tre scienziati, Francis Harry Compton Crick, James Dewey Watson e Maurice Hugh Frank Wilkins, mentre quello per la fissione nucleare al chimico Otto Hahn. Finalmente nel 1903, Marie Curie fu la prima a ricevere un premio Nobel per la fisica.

La credibilità di una donna nella comunità scientifica è bassa a causa di pregiudizi e stereotipi che vedono il genere femminile meno portato alle materie scientifiche. Questo concetto avrebbe potuto implicare una serie di conseguenze se solo si pensa che, per la loro assenza, ad oggi mancherebbero tasselli importanti della scienza.

Sicuramente oscurate da pregiudizi di genere ma ci sono sempre state, fin da quando Peseshet fu la prima donna-medico vissuta nell’antico Egitto, passando ad Ipazia di Alessandria, nell’antica Grecia, che è diventata un simbolo per la battaglia femminile, ad arrivare nel Medioevo, quando si nascondevano nei monasteri o nelle loro case private. Con l’Età dei lumi la donna ottenne una maggiore considerazione, nonostante ancora fossero molte le convinzioni maschiliste.

Nel corso delle epoche, le donne hanno saputo portare avanti una grande battaglia, a riguardo è degno di nota il racconto di Rita Levi Montalcini. “– È qui con suo marito? Chiesero convinti che fossi la moglie di uno dei relatori scienziati. – Sono io mio marito. Risposi” ha raccontato in un’intervista la donna, che da sempre porta avanti una lotta contro la disparità di genere. Altrettanto nella sua autobiografia, pubblicata nel 2017 con il titolo Elogio dell’imperfezione, ha fornito un racconto degli inevitabili ostacoli di una scienziata causati dalla disparità di genere. Soprattutto una donna libera, che da sempre crede nelle capacità del genere femminile, è un esempio per tutte coloro che si sentono scoraggiate da una realtà sociale che tarpa le ali.

Un altro fenomeno, purtroppo molto frequente, è il cosiddetto Leaky pipeline, letteralmente “tubo che perde”, una metafora che sta ad indicare l’abbandono delle carriere scientifiche da parte delle donne. Uno studio condotto dall’Unesco registra questa realtà: le donne ad oggi sono meno del 30% dei ricercatori scientifici di tutto il mondo. La questione però non si ferma qui, c’è addirittura chi preferisce abbandonare la carriera scientifica prima ancora di iniziarla, a partire già dalla scelta universitaria.

La notizia positiva è che quest’ultimo fattore, ad oggi, sta finalmente migliorando. Secondo i dati del ministero dell’Università, nel 2021 il 22% delle ragazze iscritte all’università ha scelto una materia scientifica, numero in aumento rispetto ad anni precedenti. Ovviamente la preferenza, per quanto riguarda la carriera universitaria, rimangono gli studi umanistici. E nonostante, i risultati conseguiti da alunne universitarie siano oggettivamente non inferiori ai loro compagni, i loro sbocchi lavorativi sembrano essere limitati e non ugualmente retribuiti.

Per contrastare questa situazione, l’Onu ha fondato la “Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza”, celebrata l’11 febbraio a partire dal 2015, con lo scopo di mettere a conoscenza del modo in cui le scienziate sono state davvero in grado di rivoluzionare il nostro sapere scientifico. Mentre, dalla Rai recentemente è stato ideato lo speciale cultura “Scienziate”, condotto da Edwige Pezzulli, regia di Nicoletta Nesler, il quale racconta la storia di ricercatrici del passato, con l’intento di dare un esempio alle giovani ragazze appassionate di scienza.

Dunque, la possibilità di un futuro riconoscimento, tanto meritato dal genere femminile, in questo ambito non è da escludere ma per far sì che ciò avvenga è necessario che siano coinvolti tutti.
Specialmente è sbagliato diffondere il pensiero comune che le donne siano dotate di una personalità più emotiva, che si allinea molto bene alle materie letterarie o artistiche ma che sembra essere incompatibile con la razionalità e la logica della scienza. Fornire dei modelli alle ragazze che si approcciano a questa disciplina è importante proprio per smantellare i pregiudizi e spingerle a seguire i loro sogni.

Per parlare in termini più vicini alla scienza, la scelta di concentrarsi sulla presenza di cromosomi XX o XY è solamente un modo di trovare delle spiegazioni naturali alla realtà sociale, e ad un dimorfismo sessuale che non ha una vera spiegazione biologica, ma che da sempre, nel corso dei secoli, ha fatto sì che le donne rimanessero un passo indietro. Constato ciò, è indispensabile che in qualsiasi ambito venga apprezzato il contribuito di ogni essere umano, a prescindere dal suo sesso biologico.

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